Il volontariato e il futuro dei giovani: un'esperienza
di Zaccaria Verrocchio


Fino ad oggi non mi ero mai addentrato nelle stanze nascoste della gestione di un associazione, l’ho sempre avuta in casa e avevo sviluppato una sorta di rigetto nei suoi confronti. I progetti e le vicende che sto sviluppando negli ultimi anni mi hanno fatto rivalutare il mondo associativo permettendomi di vederlo da un’altra prospettiva.

Ora sto quindi cercando di capire un po' meglio come funziona questa macchina così misteriosa, come funzionano i bandi regionali e quelli nazionali, come si sviluppano delle proposte per portare avanti quelli che sono gli ideali fondanti di un’associazione. Nel mio osservare sto riscontrando alcune difficoltà, molte sicuramente sono determinate dalla mia ignoranza, ma credo di potermi ben immedesimare con tanti altri giovani come me, che, spinti da un idea o da una passione, vedono nella partecipazione alla vita associativa una possibilità.

Penso che le difficoltà maggiori siano l’enorme investimento di tempo che comporta, le tantissime competenze da acquisire, la difficoltà nel reperire informazioni essenziali, il tutto  senza un vero riconoscimento economico che possa rendere questo processo sostenibile, soprattutto per un giovane che si sta affacciando al mercato del lavoro.

Sicuramente la nuova Riforma del Terzo Settore ha portato un'ottima innovazione, rendendo le associazioni più simili a delle imprese, con tutti i vantaggi che questo porta. Dall’altra parte però il personale che da vita a queste associazioni è ancora troppo inquadrato in un'ottica di volontariato, generando una situazione in cui abbiamo una macchina imprenditoriale pronta a partire, ma alla quale mancano piloti esperti che possano portarla al traguardo, i meccanici che possano ripararla e la benzina per correre.

Credo quindi che serva un ulteriore spinta in questa direzione per dare la possibilità alle persone di formarsi, di applicare le proprie capacità in questo settore in una maniera sostenibile sia economicamente che di gestione del proprio tempo.

Personalmente sto vivendo molto questo disagio, la necessità di lavorare per sostenermi mi toglie energie e tempo che vorrei dedicare invece ad altri progetti a cui mi sento più vicino, progetti che riguardano l’aggregazione sociale, lo sviluppo di comunità intenzionali e l’utilizzo di percorsi artistici per il benessere psicofisico, rendendo tutto il processo molto più lento e difficile. Tutto questo poi senza avere la sensazione di creare davvero una situazione che in futuro mi possa dare una stabilità su cui poter costruire la mia vita.

In questa incertezza persevero, sperando che questa fase di transizione evolva in positivo grazie alle riflessioni che noi come tante altre associazioni stiamo facendo e portando all’attenzione di chi può e forse deve raccoglierle.


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